“Io amo le percussioni, vorrei tanto fare la batterista” ci confida in un inglese tutto suo Fatima, con gli occhi che le brillano. “Non dite a mio marito che ho ballato, per favore”
Fatima è una giovane donna giordana, forse non arriva neanche ai trenta, nonostante l’età dei suoi quattro figli possa trarti in inganno. Non è molto alta, a dir la verità non è neanche molto bella, gli occhi neri si perdono in un viso segnato dalle tante mattine di vita sotto il sole del deserto. Ciuffi di capelli scuri scappano dal velo e puoi solo intravedere la forma del suo corpo sotto il khimar, una specie di burqa nero legato in vita che lascia scoperto il volto e le mani. Ma quando canta e balla, questa donna ha un’energia tale che ti travolge con la sua carica e voglia di vita. Sono in un minuscolo campo tendato nel mezzo del nulla. Nel deserto del Wadi Rum. Il campo è gestito da Saleh, il marito di Fatima, che anno dopo anno – ci racconta – ha costruito il suo sogno di un camping tendato per far vivere a chiunque la magia del deserto, combattendo ogni giorno per mantenere il suo lavoro libero dal controllo dei grossi tour operator, che sfruttano i beduini in cambio di pochi spicci.
E’ una notte calda e immobile, una coperta di stelle veglia sopra quelle dune di roccia e sabbia che il sole del giorno infuoca di un rosso vivo come la faccia paonazza di Fatima dopo un’ora di salti e balli.
Sono arrivata qui dopo ore di altrettanti salti su un fuoristrada guidato dal figlio di Saleh, un pilota di undici anni che a malapena riusciva ad arrivare col piede all’acceleratore: ma nel deserto le stesse leggi della natura sembrano confondersi e fare delle eccezioni, perché quelle degli uomini non dovrebbero fare altrettanto?
E’ stata una giornata intensa, fin nel profondo del Wadi Rum tra maestosi canyon, antiche incisioni rupestri e corse su è giù dalle altissime dune, conclusa con un tramonto dorato sulle dune di roccia rossa, uno dei tramonti più belli e colorati che abbia mai visto .
Mi guardo intorno: tutti ciondoliamo, difficile dire chi sia di noi il più stanco… nessuno cede. Siamo tutti rapiti da quell’incontro con una cultura in apparenza cosi diversa ma nel profondo tanto simile. Poi guardo Fatima e mi chiedo quale sia il segreto dell’energia inesauribile di questa donna, che ha lavorato tutto il giorno per noi, per accoglierci nel miglior modo possibile, preparando il campo e cucinando per noi tajine di pollo per sette ore in un forno sotto la terra del Wadi Rum. Il pollo più saporito che abbia mai mangiato.
Fatima, chissà se sei felice nonostante i lacci della tua religione, che non ti permette di ballare e di diventare una batterista nonostante il tuo enorme talento. Balliamo con lei ma non riusciamo a starle dietro, in quei ritmi di tamburi impazziti. E’ curiosissima senza essere invadente, ci racconta della sua vita nel deserto, tra l’accoglienza di viandanti come noi in cerca di pace ed essenzialità, e le giornate immerse tra i colori del Wadi Rum, sotto quel velo che sembra soffocarla. “Ma è il mio modo per essere vicino a Dio” ci spiega con quello stesso sorriso e quegli occhi che le brillano, senza nessun tipo di rimpianto, anzi con fierezza e fede. Poi succede una cosa strana. Fatima chiede a Francesca di indossare il suo khimar, semplicemente “per me sarebbe un onore” ci dice, Come dirle di no? Poco dopo vedo arrivare una nuvola nera sotto la quale dovrebbe esserci la mia amica. Il khimar le lascia scoperto solo il viso e due occhi azzurri pieni di domande che non sanno riconoscersi. “Sei bellissima!” esclama la donna giordana mentre si volta verso di me cercando conferma nel mio sguardo. Non riesco a ricambiarlo, restando in una forma di imbarazzo sospeso.
L’indomani, tra un salto e l’altro del 4×4 mentre lasciamo alle spalle il Wadi Rum e il nostro campo tendato, condividiamo le nostre sensazioni di quell’incontro così intenso. Sull’uso del velo , del burqa, se ne dibatte di continuo, da noi discutendo come il suo uso sia compatibile con i principi di laicità dell’Occidente.
Un pezzo di tessuto – un semplice pezzo di tessuto che copre la testa o il volto – quanto potere ha assunto e quanto determina le scelte di una donna?
In realtà, quando parliamo di velo islamico, l’ argomento è complesso, dato che non tutti i veli utilizzati dalle donne musulmane sono gli stessi. Al di là di quello che ognuno di noi possa pensare riguardo a questa faccenda, Fatima ci ha mostrato una personalità piena di vita, forte e determinata, che ho sentito vicino e sarà un pezzo di questo viaggio che conserverò nel cuore.
In fondo non viaggiamo anche per questo…? mi chiedo mentre il sole accende i colori della Valle della Luna, il Wadi Rum.
I viaggi non rispondono ai punti interrogativi che ci circondano…anzi, aiutano a metterli a fuoco, rinunciando a rifletterci un’unica rappresentazione del mondo.
di Valentina Ghini
p.s. Abbiamo rispetto la richiesta di Fatima di non farle foto, perché non le è permesso. Non abbiamo quindi una foto di quella serata, che rimarrà nella nostra memoria.
Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. maggiori informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.